Prender parte all’Arte

1997

Sembra che una parte della nostra società sia interessata al sistema espressivo artistico. Non solo legata al farsi apprezzare per il patrimonio accumulato o impegnata nell’imitazione di schemi televisivi, ma propensa alla curiosità”. È una osservazione piacevolmente rassicurante, specialmente per coloro i quali, per i motivi più strani, tendono ad esprimersi attraverso il mondo dell’arte.

qual è il loro ruolo nella società umana e perché essi si trovano al centro di questo interesse?

Direi che la funzione degli artisti è quella di mostrare vie nuove, derivino esse da percorsi di evoluzione logica o di natura sensibile, il loro meraviglioso e derisibile compito è quello di ricercare soluzioni alternative.

La nostra società tende a consolidarsi su costumi e morali stabili che generino sicurezza. I politici, rappresentanti delle regole del giusto convivere, le religioni chiarificatrici dell’ordine cosmico, tendono a fornire all’uomo certezze solide e indiscutibili, giustificate dalla loro durevolezza nel tempo e da logiche fedeli ed inconfutabili. Sta dunque agli artisti, insieme a tutti gli speculatori intellettuali, lanciare dipinti o ululati che istighino dubbi, mostrare schemi ed estetiche che instillino tarli. Fossero essi stessi certi di quanto affermano sarebbero parte delle sicurezze che invece dovrebbero contribuire a smantellare e per questo artigiani, lavoratori privi dell’incoscienza e dell’amore per lo sconosciuto che distingue l’attitudine artistica. Solamente esprimendo dubbi o provando vie nuove, ricercando soluzioni diverse o percorsi alternativi gli artisti potranno sentirsi vivi e contribuire ad evolvere la società.

Più che un’ovvietà tutto ciò è una necessità, che però gli stessi artisti spesso dimenticano o vogliono dimenticare per paura di sovvertire quello stesso schema che li ha portati al successo.

Troppi hanno pensato che tutto il sistema espressivo dell’arte fosse solo un affare commerciale e si sono traditi causando la depressione di idee di cui tutti siamo a conoscenza. L’arte si sta staccando dalla quotidianità poiché ha perso la facoltà di farsi comprendere. Anche perché è difficile comprendere quale sia la nuova insoddisfazione, il senso di irrequietezza derivante dal benessere. Apparentemente abbiamo tutto ciò che ci serve, dall’amore delle sette quaresimali alla violenza dei pedofili, dalla pasta e ceci liofilizzata ai sogni in bustine monodose. In passato l’urlo era politico nel senso di schieramento ora non lo è più. In realtà ciò che ci attanaglia e che cerca di sottomettere tutto e tutti è la “legge di mercato”. Con essa si giustifica, si taglia si “ristruttura”. I normali individui hanno perso la loro eccezionalità, tutti siamo stati generalizzati, apparteniamo a categorie, siamo codificati. La società virtuale è anche questo, le masse, le persone non sono più entità fisiche tangibili ma sono solo l’espressione di una statistica o di un grafico tridimensionale. Coloro i quali si sentono rappresentati dalla televisione e dagli ordinatori stanno smaterializzandosi. Solo una sana partecipazione attiva e fisica al gioco potrà contrastare il tentativo di dominio. Solamente esprimendosi individualmente prendendo parte attiva al gioco, scegliendo quotidianamente e non demandando al video la facoltà di rappresentarci potremo sbiellare il meccanismo. Tocchiamo e tocchiamoci, giochiamo ancora alla lotta.

Ma non per stabilire chi sia il più forte, piuttosto per sentire l’odore del sudore, per tirare i nostri muscoli, per annusare la vitalità che il mercato vorrebbe propinarci via cavo o farci vedere nei gigamegaipershow.

La Partecipazione Attiva

Nonostante la coscienza che esistano effettivi rischi, spesso mi chiedo se il mondo virtuale, creato dai nuovi sistemi di comunicazione, sia veramente la fine del contatto fisico nei rapporti personali e con la materia o se, al contrario, non sia l’inizio di un rigetto tecnologico e lo stimolatore verso una nuova volontà di presenza corporea e di partecipazione sinestetica. Il fatto di comunicare sempre e costantemente con una macchina può portare al piacere di esserci e sparire esattamente quando si vuole, può essere il simbolo della fuga istantanea, senza lasciare traccia, ma può significare anche la paura del contatto fisico. Quanto durerà questa paura ? Quando ci verrà il dubbio che ci si voglia obbligare a baciarci via etere per non scambiarci qualche morbo, non ci verrà voglia di nuovo di sentire la potenza energica di un corpo tra le braccia, di un triciclo tra le gambe o del vero sole sulla pelle ?

Non intendo certo dire che si debba escludere virtuale o fisico, solo noto che l’Arte attuale difficilmente permette un contatto epidermico tra opera e fruitore. Non è quindi giunto il momento di creare un’arte vivente? Non è forse ora di introdurre un invito alla partecipazione tattile?

Mi piacerebbe introdurre la gente all’Arte cinetica.

Ma non nel comune senso di Arte in movimento grazie a fattori esterni quali il vento o un motore. Al contrario, una cinetica partecipativa che obblighi lo spettatore a trasformarsi in operatore, che rinnovi lo spirito dell’autore invitando a proseguire il lavoro già realizzato. Il fruitore obbligato a donare movimento o cercare la posizione più interessante diventerà simile all’autore. Il suo partecipare donerà vita. Rigenererà l’istante creativo.

Le statue manocinetiche sono “Statue a Partecipazione Costante”, “Obbligazioni all’Azione”. Le opere con “Modalità d’uso” sono una ricerca sull’evoluzione della scultura. La materializzazione del pensiero può produrre un oggetto, bello, dolce, stimolante, sarcastico, duro eccetera eccetera, può generare una creazione che duri un istante (conglomerati che si bruciano, che si sciolgono, si mangiano, si lavano, svaniscono), oppure un’opera da utilizzare, con cui giocare, da deformare, trascinare a guinzaglio, sollecitare, solleticare.

La mia ricerca sta nel coinvolgere la gente nel mio gioco, cercando di mostrare che non esistono confini, l’estetica è soggettiva, l’arte è “similutile”, tutto è godibile perché semplice e semplicemente comprensibile. Chi partecipa supera la prima barriera, entra nel mondo dell’arte, chi si pone nel dubbio è nello stato d’animo di curiosità. Non obbligatoriamente svilupperà posizioni critiche ma sarà in una posizione favorevole, non solamente verso il mio lavoro ma verso qualsiasi forma di espressione artistica che abbia voglia di farsi comprendere.

La mia curiosità mi ha portato ad agire con diversi materiali e metodi. Per esempio un grande passo nel coinvolgimento del pubblico alle opere è stato compiuto introducendo il legno quale materiale principale. La consistenza del legno, la sua familiarità, hanno molto aiutato il contatto fisico.

L’acciaio utilizzato in precedenza, evidentemente generava timore oppure, non essendo di uso quotidiano, creava imbarazzo. Forse la forma stessa delle opere era difficilmente intuibile come macchina da utilizzo momentaneo. Le opere iniziali non erano oggetti facilmente riconoscibili nella quotidianità mentre l’uso di macchine-ventaglio ha cominciato una fase di avvicinamento totalmente compiuta con l’avvento di macchine sonore a manovella.

E’ indubbio che sono stati fatti alcuni passi avanti. La gente, sia comune o introdotta, partecipa tranquillamente alle opere. Sorge però un dubbio. Il fatto di interagire maggiormente deriva da una più grande ricezione del messaggio originale o da un maggiore carattere ludico ed una più facile utilizzabilità delle opere ?

D’altro canto, se si è ottenuto lo scopo prefisso, si dovrà ora semplificare ulteriormente per avvicinare un maggior numero di spettatori o proseguire nel discorso ed approfondire la ricerca per creare nuove situazioni? Mi sembra di poter osservare che è costante nell’umano la ricerca di un espressione. Non sempre comunicare la propria creatività è semplice soprattutto perché non si riescono a trovare i mezzi. Per questo partecipare diventa mezzo espressivo.

Il rischio è che tutto venga sminuito e catalogato, come è già avvenuto, come arte decorativa provocando l’idea di una arte minore, come se esistessero massaggi più puri o come se il gioco avesse meno importanza del duro lavoro.

Le “Statue Ludiche” non sono solo la volontà di introdurre l’Arte nel mondo dei giochi. Quale migliore soddisfazione di vedere un bambino alle prese con un’opera d’Arte ? Vederlo giocare e sapere che in lui nasce un nuovo contatto con l’intoccabile. Vedere che il senso di riverenza è uno degli assassini dell’Arte non è forse uno stimolo a pensare diversamente il Mondo dell’Arte e degli Artisti ? Non vi sembra che l’Arte sia una cosa troppo seria ? Tutti questi sacerdoti vestiti da critici che ci catecumenizzano ricordando le Sacre Scritture, i Santi e le Icone Miracolate.

Non credo che gli autori delle varie raffigurazioni fossero decisamente e sostenutamente convinti della profonda e tragica importanza della loro opera sull’evoluzione della civiltà umana (benché il pensiero artistico e la soluzione immaginaria ne siano le scintille evolutive).

Non vi sembra invece che questo atteggiamento da bigotti chierichetti si possa attribuire a certi succhiatori di idee realizzatori di copie mal fatte innalzate a cantici da quei famosi sacerdoti ?

Quale spazio ha il divertimento nella realizzazione delle tue opere ?” mi è stato chiesto. Non lo so. Non faccio le mie cose per divertirmi, ma certo se non mi divertissi con il mio cervello non le farei. Quando teorizzo mi diverto, e mi diverto anche a realizzare perché mi sento un finto falegname. Nelle opere che vedo in giro, nel comportamento degli uomini altolocati o importanti manca, quasi sempre, l’allegria. Sembra quasi che la serietà e l’essere corrucciati sia sinonimo di giustizia e affidabilità. Sembra quasi che curiosità, giocosità e gioia siano sinonimo di stupidità o superficialità, perfino stoltezza. Un atteggiamento che rivela la risibilità della costruzione burocratica della nostra società.

L’investitura di un incarico sociale, il riconoscimento di una cultura superiore, vengono considerati, e non solo dagli eletti, un innalzamento. Da questo nasce il giudizio che cade dall’alto, potente ed inconfutabile, reversibile solamente strisciando e strofinando la lingua su languidi e lusinghieri argomenti, meglio se tintinnanti. Troppo spesso si dimentica come sia la società a donare le cariche, trasformate poi in microtirannie, dimenticando che l’incarico è un onere, che il vertice è il più esposto ma a disposizione di tutti coloro che lo sostengono, ne è servo. Se esiste sudditanza è perché nessuno deride coloro i quali con la loro sottomissione sono disposti a sostenere la tirannia ancor prima che deridere i tiranni. Morto un Papa se ne fa un altro, ma non necessariamente. Quelle istituzioni che creiamo sono anche confini. Oltre a fornirci sicurezza ci imprigionano. Manteniamo ben vivo il senso critico e l’ironia, invece di demolire con la forza agiamo con la derisione ed il rifiuto. Ricordiamoci che l’arbitro che abbiamo eletto non è incorruttibile ed indelebile. Partecipare al gioco non è obbligatorio e non è detto che il distruggere sia sempre negativo. Siamo continuamente coinvolti ma anche costantemente esterni. Gran parte delle nostre decisioni derivano dalle informazioni che possediamo ma il caso è un grande fautore della nostra esistenza. Prendere posizione è contemporaneamente facile e difficile, giusto e sbagliato, per questo è il caso di deridere noi stessi per primi.

Caso e Semplicità

L’opera è la sintesi e la materializzazione del pensiero artistico. In essa è l’essenza dello spirito dell’autore. Entra però sempre in gioco la casualità. A volte sembra che sia il caso il dominante, l’aiutante dell’esecutore se non il suo ispiratore. Il caso o il caos ? Si sa che dall’ordine non dovrebbero nascere che progetti ordinati, schemi ben chiari e scelte facilmente certe. Come si sa, d’altronde, che il caos è fonte di situazioni che, sebbene difficilmente districabili, sono il fondamento della innovazione. Questo non vuol dire che il caotico sia sempre ottimo e l’ordinato da scartare a priori, anzi, ciò significa che senza tenere in considerazione tutti gli aspetti che ci circondano non potremo mai trovare l’equilibrio più semplice ed essenziale che costituisce il cuore dell’opera d’arte.

La natura, ad osservarla attentamente, ci dimostra con quale straordinaria semplicità si possa risolvere ogni tipo di problema. Qualsiasi sia l’ostacolo che si pone davanti ad essa, la natura trova la soluzione più semplice. La sua scelta è vincolata alla necessità di quel momento, dalla eccezionalità della situazione. Comunque, ad ogni situazione, corrisponde una soluzione semplice ed efficace. È possibile che l’artista si muova nella stessa maniera? E’ forse pensabile che la sensibilità, l’intuito, l’esperienza e la dimestichezza siano paragonabili alla conoscenza della natura ? Che colui che crea non sia altro che l’espressione naturale di una indole umana che risolve casualmente e nella maniera più semplice il problema che si pone nell’istante del comunicare o del materializzare una idea sia essa decorativa che propositiva?

Uno dei compiti più difficili che si possano trovare è quello di dover semplificare. Rendere il proprio pensiero utilizzando il numero minore di parole, che siano però esaurienti, è un risultato che solo pochi sanno conseguire, così come tracciare un profilo con un solo segno.

Nella comunicazione artistica, è importante tenere profondamente conto della semplicità. Non certo nel senso di povertà di idee ma nella loro esposizione. Come si può evidenziare l’essenza delle cose in modo che appaia evidente e semplice da comprendere? La natura è maestra di grande semplicità. Nell’osservarla si troveranno le soluzioni più semplici di fronte a qualsiasi problema. Quelle cioè che evitano tutto ciò che è superfluo (anche se mi sorge il dubbio di cosa sia veramente superfluo).

Le macchine

Il modo più semplice che trovo per comunicare il mio pensiero è attraverso le cose che faccio, più che attraverso quelle che dico. Le mie macchine sono rappresentazioni. Se le vecchie sostituivano il lavoro umano, le nuove necessitano della presenza umana. Se le vecchie moltiplicavano, con il loro funzionamento, l’energia dell’operatore, le nuove la disperdono. In comune hanno solo la ricerca di trarre profitto. Le nuove macchine hanno un senso come elementi scatenanti, dubitatori meccanici, oggetti simpatici e antipratici. La partecipazione ed il coinvolgimento sono le sole produzioni sensate che possono uscire dall’applicazione di energia a questi meccanismi.

La macchina, in se, può sostituire una persona nello svolgere un lavoro. Alcune macchine sostituiscono molte persone.

Non è dunque il caso di trovare macchine che necessitino della forza di molte persone per poter funzionare? L’”Altalena Ventaglio” è una materializzazione di questo concetto. Una persona siede sull’altalena e l’attiva, ne fa parte. E’ essa stessa opera d’Arte. Ma se un esterno arriva e sospinge questa persona, in che relazione saranno i due tra loro e rispetto all’opera ?

Avremo realizzato una Opera Superattiva, un’azione di intervento su un’altra azione.

Allo stesso modo, se si riuscisse a far muovere un meccanismo inutile a molte persone che agiscono per uno scopo futile in interazione tra di loro, cosa avremmo ottenuto ? Un gioco, un’Arte che gioca. La macchina superattiva necessita di forza umana per produrre solo curiosità, gioco, scherno, coinvolgimento. (Mi piacerebbe realizzare qualcosa che coinvolga un grande numero di persone che si impegnino fisicamente, che applichino la loro forza solo per produrre un “peto nel vento”).

Un concetto che è già stato realizzato (con il SPVPB) anche nell’esecuzione di un concerto eseguito utilizzando le macchine sonore, un gruppo si strumenti pseudo musicali. Nel “Concerto per Sassofono e Macchine Sonore” vedo realizzarsi il gioco collettivo. Forse si potrebbe azionare qualcuno che azionando qualcun altro azioni qualcuno che azioni un altro che faccia funzionare qualcosa, o anche niente.

Non tanto per trasformare l’azione in opera d’Arte, esiste già il teatro, ma per provocare una reazione, per stimolare la coscienza a riprendersi spazi rubati. Dai comfort, dalla tecnologia, da tutte quelle macchine che ci sostituiscono nel “fare”. Non sono certo contrario al benessere, ma mi piace ricordarmi che sono di carne e ossa per cui faccio, anche se rischio di martellarmi un dito (lo preferisco al “piercing” che in qualità di altro sistema per sentirsi non mi è congeniale). E mi sembra di poterlo ricordare agli altri facendoli muovere in un mondo inusuale in cui le regole siano state alterate.

Una realizzazione della Superazione in forma di installazione : l’altalena treno o la rete di altalene (per rimanere al passo coi tempi). Si realizzino un certo numero di altalene e le si appendano. I seggiolini vengano legati in modo che il movimento di uno provochi quello di tutti. Si otterrebbe una azione scomposta e poco prevedibile capace di assimilarsi alle relazioni umane.

L’atteggiamento che deriva dalla destrutturazione della macchina non è certo un invito alla distruzione del benessere prodotto dall’industria. E’ la volontà di guardare alla nostra società con il necessario distacco. Quanto abbiamo intorno è spesso vantaggioso ma molto limitante. La spinta che scatena il movimento è un invito all’azione. È una scintilla. È la necessità di partecipare attivamente, senza essere vittime e senza farne.

Patafisica

L’attitudine della Patafisica di fronte alle cose è la coscienza del distacco. La vicinanza della possibilità patafisica con le onnicomprensive filosofie orientali è sorprendente. L’una e l’altra riconoscono l’infinità di vie percorribili. Un’infinità di soluzioni. Nell’ammirare l’infinito, senza stato di sudditanza nei suoi confronti (infinito, anche indefinito) entrambe offrono ad ogni singolo componente, ad ogni autonoma possibilità, uguale dignità o verità.

L’amore per l’eccezionalità di ogni avvenimento e pensiero, per ogni individualità fa della patafisica una autorevole via per la futura convivenza umana. Comprendere la necessità di qualsiasi tipo di forma espressiva porta al rispetto, fondamento di una pacifica convivenza.

Non so se la pace sia l’ideale stato di benessere, la vita ha tratto anche vantaggi dagli sforzi bellici, certo è che non sembra sensato scannarsi per sottomettere qualcosa o qualcuno. I risultati tecnologici si possono ottenere anche senza massacri. Ciò che sgraziatamente balza agli occhi è il potere che taluni elementi hanno di crearsi una piramide di individui disposti a sostenerli. La Patafisica aiuterà a vedere con distacco i vertici, a lasciarli giocare il loro gioco perfettamente coscienti che noi, le pedine, possiamo abbandonare la scacchiera quando più ci piace deridendo i manovratori o, ancor di più le pedine che credono ciecamente nell’ineluttabilità del gioco.

La Patafisica del mondo dell’Arte è la sua attitudine alla eccezionalità, alla ricerca di soluzioni immaginarie. Non per dare la definitiva direzione, piuttosto per portarne una alternativa. Realizzare un’Arte Patafisica non significa catalogarsi ma insinuare dubbi. Non è necessario aderire alla Patafisica per essere intelligenti (anche se inconsciamente siamo tutti patafisici). Non è neanche necessario aderire ad un gruppo per sentirsi più forti, anche se è utile per scambiare idee.

Personalmente sono aggregato al Simposio Permanente dei Ventilati Patafisici Benacensi. Non che questo serva da giustificazione o che spieghi o autorizzi o cataloghi le mie opere ma l’appartenenza ad un gruppo di attivo sviluppo di pensiero è di per se interessante. Quello che segue è uno dei nostri manifesti.

Un "manifesto” (per i Ventilati 'Patafisici Benacensi)

Passeggiando seduti sulla riva del Lago, perseguitati o sollazzati da una tremenda brezza, ammirando il frutto del lavoro di innumerevoli uomini e donne che hanno operato nel nome del profitto, del lavoro, della bellezza, dell’arte, della sicurezza, della comodità e del buonsenso osserviamo “la grandezza della casualità”.

Ogni azione della natura si esplica seguendo la via più semplice e facile, quella umana sceglie la più complicata per lasciare spazio ad ulteriori complicazioni che siano fonte di reddito. Con la meravigliosa logica del buonsenso si aggiunge e sovrappone, creando senza sapere né lo scopo né il fine. Un meraviglioso caos regna sovrano su infiniti regolamenti, piani urbanistici e leggi che più si moltiplicano e si complicano più sono applicate casualmente. Ciò che si produce è frutto di interessi personali, collettivi e di disinteressi volontari o casuali. Tutto è esattamente buono, giusto, schifoso, vergognoso, meravigliosamente perfetto e comunque “passibile di qualche piccola miglioria”.

E’ la casualità degli incontri e l’incrociarsi dei fini che crea il nostro assetto societario strettamente saldato da ferree strutture elastiche. Di fronte a cotanto incontenibile buonsenso non possiamo che essere vivacemente attoniti e proclamarci “imperturbabili”. Certo non ci ergeremo a muri di gomma per arginare il meraviglioso aggrovigliarsi degli eventi, sicuramente non saremo gli ostruttori delle vie di sfogo, anzi. Come canederli nel brodo primordiale non possiamo che lasciarci trasportare dall’ebollizione e scontrarci con gli altri elementi partecipando al grande ballo evolutivo, senza peraltro perdere il nostro senso di spaesamento. Ma, attenti, la nostra posizione di poveri privilegiati d’alto rango non ci deve trarre nell’inganno della impossibilità d’intervenire. Possiamo infatti partecipare attivamente alla costruzione, alla distruzione o all’abbandono. Non per questo ci sentiremo vittime del grande ingranaggio o macine di mulino. Il distacco di cui siamo capaci è la fonte dello stile che è nostro compito distribuire al mondo, evidenziando di esso tutte le parti già esistenti e quotidianamente applicate all’apparente odierno.

Il nostro urlo è bisbigliato al vento che ogni istante ci porta la pazzia di nuove informazioni. Ad esso confidiamo i nostri messaggi che seminiamo senza conoscerne il destino. Al vento affidiamo la nostra altra visione ad altra definizione. La vacuità che scaturisce dal profondo della nostra coscienza ci permette di esprimere giudizi. Le nostre critiche sono sincere ed il nostro punto di vista nasce dalla istantanea riflessione che basiamo su anni di conoscenza. Non siamo “solamente”, ma “anche” giudici o critici, anche di noi stessi. Il valore del nostro esprimerci è leggiadro, come quello di chiunque voglia scartare il suo pensiero, eliminando tutto l’involucro che è accattivante e luccicante ed indica a prima vista il contenuto. Il nostro agire di Neopatafisici si manifesta, saltuariamente e casualmente, a parole e nei fatti. La nostra estetica non sottostà a regole ferree ma si adegua alla necessità contingente cercando soluzioni immaginarie, seppur vincolata dal numero assai limitato delle proprietà espressive di cui disponiamo. Lo stile “Modern und Elegant”, che estasiati ammiriamo intorno a noi e di cui siamo fedeli riproduttori, è la rappresentazione della attualità che con casuale sincerità esemplifichiamo ed illustriamo. Cionondimeno esso è la esaltazione del figurativismo interpretativo, del realismo fantastico. Noi siamo altri occhi che guardano alla quotidianità, siamo altri interpreti, la nostra voce è debole e non può sovvertire le leggi del mercato basate sulle spalle dei padri dei nostri padri ma non ce ne curiamo molto.

Noi propugniamo ugualmente la produzione di antimacchine che necessitino della forza di mille persone per non produrre che un leggero soffio di vento. Anche ad esse affidiamo il gravoso e spudorato compito di semplificare l’accesso all’Arte di tutti gli ignoranti di buona volontà. Esse sono il primo scalino, la manovella di avviamento. La loro semplicità sia una fessura che apre la falla nella diga della grande Cultura. Il nostro invito, esteso a quasi tutti, è di rimpossessarsi della coscienza della propria capacità espressiva. Ognuno può imitare se stesso, gli altri o nessuno, purché lo faccia ad occhi aperti.

La coscienza delle nostre capacità ed un vago sentore delle altre esistenti determinano in noi il suggerimento alla improvvisazione. Il nostro bagaglio di ignoranza ce lo permette. Chiunque si diriga in ogni direzione ed abbia coscienza della sua coscienza è invitato ad invitarsi. Chi ha voglia di fare si dia da fare. Cominciamo con lo studiare gli studiosi e le curiosità dei curiosi. Chi si sente di sentirsi non si fermi. Il nostro piacere non sta nel solo piacere ma non sappiamo bene dove. Un giorno lo scopriremo, se avremo l’occasione.


Sia benvenuta la cena, ma anche le merende ed i pasti frugali. .

La forma di questo libercolo, qui apparente, è stata definita alla fine del maggio del ’97 ma non è da ritenersi incorruttibile.

Testo : D.Tavernini

Disegni : D.Tavernini


Stampato in proprio dall’autore e numerato progressivamente.

Quest’opera può essere considerata il Quaderno Patafisico n°7 del S.P.V.P.B.

Mostre

Componimento esplicativo

Trattato sulla maniera utilizzata per lanciare un messaggio

a cura di un certo D.Tavernini


Probabilmente perché l’unione fa la forza, ma sta di fatto che le prime esibizioni e le mostre di debutto sono molto spesso collettive. A volte sono un’operazione unica, casuale, a volte sono l’espressione di una corrente di pensiero.

Il Simposio Permanente dei Ventilati Patafisici Benacensi ha scelto, sin dalla nascita di mostrarsi in gruppo. Un gruppo composito e multiplo fatto di individualità e metodi espressivi ben differenti.

Una prima uscita importante ha visto i nostri eroi inscenare contemporaneamente un concerto, uno spettacolo e una statua istantanea a coinvolgimento sinestetico.

In occasione del vernissage H. Humus si presentò nel ruolo del critico artistico e commento’, col suo linguaggio parlato non verbale, le opere presenti sulla base musicale espressamente composta ed eseguita da Roberto Pulix Pulita. In seguito, Francesco Mario Giupponi introdusse nel mondo della sua Jennifer attraverso una lettura. In contemporanea Domenico Tavernini, coinvolgendo i cinque sensi, cosparse di cioccolata un albero di insalata che fu spezzettato e offerto al pubblico a conclusione dell’operazione.

Al di la della ricerca della comunicazione l’esperimento è interessante dal punto di vista della interazione. Quattro individualità contribuiscono a creare un’opera unica. Una mostra istantanea. Qualcosa che si genera e svanisce nel prodursi.

Quattro vie di espressione illustrano un solo concetto.

L’evolversi di questo sistema apporta all’apertura della mostra un significato di multimedialità che a volte sconcerta. Difficilmente il pubblico riesce a discernere l’individualità dal comune, raramente le varie componenti sono comprese come opera fine a se stessa.

Le realizzazioni di apertura più recenti, hanno mostrato altissimi momenti di Poesia Intestinale o di profondo studio del Sacro Würstel. Nel caso della mostra “Venti Ventagli Ventilati” si è aggiunto un ulteriore elemento disturbatore, le opere a quattro mani. Ad Innsbruck l’operazione iniziale ha sbalordito il pubblico aristocratico che si è chiesto se l’opera fosse tutta la mostra e se i vari pezzi presentati fossero separabili tra di loro.

La mostra presentava macchine ventaglio costruite da D.Tavernini e decorate da R.Pulita quadri del pittore meccanizzati con dei ventagli dallo struttore.

Il ventaglio quale simbolo Patafisico, un oggetto di uso comune divenuto soggetto di macchine dalla improbabile funzionalità. Statue manocinetiche da attivare per far rivivere la teoria sulla Superazione.


Progetto “Etto”, per una Manifestazione della Patafisica Europea

I membri del Simposio Permanente dei Ventilati Patafisici Benacensi, alla ricerca di una dimensione europea del sentimento che li avvicina alla necessità della diffusione del pensiero patafisico, si propongono quale esemplificazione vivente della quotidiana realizzazione della ‘Patafisica.

L’agire in diverse discipline dell’Arte e dello Spettacolo ne fa propugnatori e materializzatori del “fare” patafisico. La radice culturale da cui essi provengono, sebbene di fondamentale importanza, non ha valenza determinante poiché essa è, in quanto passata ed invariabile. La coscienza di tale substrato esperienziale e la lavorazione quotidiana in maniera patafisica del loro pensiero ha determinato in essi la volontà di esprimersi liberamente, imperturbabili di fronte a pericoli, vincoli, necessità, possibilità e casualità.

A quale pubblico si rivolge la loro manifestazione ?

La molteplicità delle esperienze ed i differenti terreni su cui esse sono state realizzate, ha dimostrato che esprimere il concetto patafisico non ha vincoli spaziali. La Piazza, la Galleria d’Arte, il Teatro, la Scuola, sono stati prosceni in cui il SPVPB ha espletato la sua funzione di propagatore. Sebbene la propaganda non sia lo scopo ultimo e unico, la realizzazione dell’opera concorre alla diffusione di un atteggiamento che viene più facilmente recepito da animi disposti al libero pensiero. Questo suggerisce l’inserimento della Manifestazione in un ambito ove la curiosità sia una delle caratteristiche dell’ipotetica platea. Il pubblico più curioso è dunque quello avvisato del realizzarsi di un evento patafisico anche se il caso spesso porta notevoli e meravigliose sorprese. Lo spazio ideale è dunque riconoscibile per la possibilità di installarvi la globalità del lavoro del SPVPB con sufficiente agio per dare vita alla globalità della rappresentazione patafisica.

Cosa determina il carattere innovatore o esemplare del lavoro proposto ?

L’UNIVERSATILITA’ è un neologismo che bene potrebbe essere utilizzato quale chiave di lettura del lavoro del SPVPB. La parte scenica sviluppa da anni il “Teatro Jazz”, utilizzando spesso forme di comunicazione fonosimboliche. La rappresentazione viene affrontata con la coscienza della sua unicità ed elaborata, pur basandosi su consolidate esperienze ed elaborazioni, su improvvisazioni dettate dal caso momentaneo e dal micro universo ospite. La forza della soluzione immaginaria si esplica in tutta la sua potenza invadendo il “logico” della platea. La pittura Neopatafisica ben esplicitamente si indirizza ad un pubblico privo di confini, di età, geografici o intellettivi. Il suo carattere innovatore è ampiamente intuibile anche al primo sguardo, ma ciò che più sconcerta è l’analisi dei temi e dei soggetti, oltreché la spiegazione dell’autore. La scultura partecipativa è ricerca di semplicità estrema.

Strane “macchine” di facile utilizzo avvicinano il pubblico al mondo delle Arti plastiche abbattendo confini di intoccabilità e sacralità trasformando in “divertente” ciò che abitualmente è trascendente. L’insieme del lavoro, spesso rinforzato nel massaggio dalla sua decontestualizzazione, è in sé una manifestazione dell’atteggiamento “semplificatore” della ‘Patafisica che si muove in maniera contraria alla corrente “complicatrice” ed “obbligatrice” che sempre più, per evidenti scopi commerciali, pervade la società occidentale. L’azione d’insieme crea nel pubblico la supposizione di appartenere ad un gioco semiserio. L’ambiente, pur avendo una sua ufficialità, e quindi un riconoscimento, diventa fonte di dubbio. Ciò che sembra è allo stesso tempo vero e non vero, ciò che è serio altrove è giocoso in questo contesto. Nella manifestazione tutto è normale sebbene esista chiaramente il dubbio su cosa sia la normalità.

In quale modo la dimensione europea è necessaria al progetto ?

E’ convinzione di tutti gli aderenti al SPVPB che sia arrivato il momento di procedere ad una diffusione universale dell’atteggiamento patafisico. Non quanto esso rappresenti una dottrina o una filosofia, o perché esso tenti di sovvertire gerarchie politiche, ma per il suo profondo senso di dubbio, libertà e tolleranza. L’attuale società è decisamente più propensa a costruire ponti e ragnatele sui quali pilotare flussi ben controllabili, piuttosto che abbattere muri, lasciar spandere oli culturali o semplificare l’esistenza umana liberandola da una capillare “supervisione”. E’ venuta l’ora di incontrarsi casualmente, di parlare liberamente cercando soluzioni alternative, magari immaginarie. E’ necessario proporre una nuova visione del mondo che, attraverso la Poesia e la Fantasia accomuni tutti coloro che non sono disposti a considerare veri ostacoli i confini geografici o i differenti ceppi linguistici. Come acqua pregnante la terra la ‘Patafisica si è diffusa e si sta diffondendo in Europa da cento anni seguendo falde e canali, insinuandosi ed evaporando repentinamente. I suoi messaggi universali meritano di essere lasciati andare ad inumidire situazioni già esistenti affinché possano fiorire, in questa Europa logica, anche rose di cartone.

Progetti e programmi

(realizzati o no siamo ancora in cerca di sponsor per poterli realizzare in dimensioni congrue)

Il Mio Nome non è Jules (videoinstallazione)

Introduzione:

Il progetto "il mio nome non è Jules" nasce dalla collaborazione di più artisti. Ognuno di loro ha curato la parte più consona alla sua formazione. Di seguito, a cura di ogni specialista, una descrizione esaustiva delle varie componenti il progetto.

Struttura e supporto

A cura di Domenico Tavernini. Scultore.

L'opera è da immaginarsi installata in uno spazio assai ampio, una piazza, un grande capannone industriale, un parco. Quattro grossi montanti, negli angoli, sorreggono una grande rete in cavi di acciaio. La rete è sospesa a tre metri da terra ed è larga venti metri e lunga trenta.

Da questa rete pendono trenta televisori piatti delle dimensioni di una porta che distano tra loro circa due metri e mezzo.

Gli schermi su un lato proiettano delle immagini, sul dorso portano uno specchio.

Gli schermi ruotano su loro stessi. In questo modo per gli spettatori che passeggiano all'esterno ma anche in mezzo a questa giungla di visori appesi, essi si rivelano essere a momenti proiettori di immagini prestabilite ed a momenti i riflettenti della realtà presente e della presenza stessa dello spettatore e di chi è con lui.

L'effetto ottico sarà una continua presenza e assenza. Presenza di immagine proiettata ma anche presenza dello spettatore. Presenza del video e dello specchio, quando saranno estesi e perpendicolari alla visione. Ma anche assenti quando si presenteranno di taglio, sparendo in un bastone appeso.

La moltiplicazione dei video e dell'immagine dovrà creare la possibilità di intravedere l'orizzonte ed il circostante. Ma un orizzonte circostante continuamente perturbato di immagini. Vacue e virtuali, ma anche vive e vegete, immagini di un sé costantemente presente ed assente.

Note costruttive

La realizzazione meccanica della struttura di sospensione prevede l'utilizzo di quattro putrelle industriali di sostegno e l'utilizzo di un cavo di acciaio periferico di tre centimetri di diametro.

La rete sarà costruita con cavo d'acciaio da un centimetro la cui maglia sarà di un metro.

Si ottiene in questo modo un'area di seicento metri quadri nella quale saranno appesi i trenta schermi.

Gli schermi saranno televisori a cristalli liquidi appesi su un perno rotante che ne permetta l'alimentazione e l'arrivo del segnale video. Saranno sistemati su un pannello metallico scuro e dovranno avere una dimensione che si avvicini il più possibile all'altezza di due metri ed alla larghezza di ottanta centimetri.

Come detto la schiena del pannello sarà uno specchio di dimensioni duecento per ottanta.

Domenico Tavernini. Scultore patafisico. E' nato a Riva del Garda nel 1959. Qui vive e lavora.

Ha partecipato a numerose mostre in Italia ed all'estero dove ha esposto le sue macchine che sovente vengono utilizzate anche quali scenografie.


VENTO IN VISTA (intervento ambientale, storico, visuale, panoramico etc.)

Progetto per la costruzione di un muro di fumo

Passo circa duecento giorni all'anno navigando a vela sulle acque dell'alto Garda. Ogni giorno sono stupefatto dalla meraviglia dello spettacolo che vedo.

Il vento del mattino è steso e fresco. Scende dalla valle del Sarca e dalle montagne che circondano la "Busa" e se ne va giù verso il basso lago. Verso le dieci e mezza le cose cambiano, il vento esce soprattutto dalle foci del Sarca, con raffiche burlone, improvvise. Poi, con calma, gira da Nord-nord-Ovest, scende da Ballino. E' il classico segno che sta entrando l'Ora.

Piano piano il vento si ritira verso Riva e si ferma. Dopo, un cuscino di bonaccia. Poi sulla costa di Torbole, dai promontori di Valmarza, Tempesta e Corno di Bo si insinua dolcemente l'Ora. Si vedono proprio chiare le ondine che cominciano a formarsi a partire dallo spigolo della roccia che tocca l'acqua. Poi si stende. All'inizio leggera e fresca scende verso Torbole poi piano piano si allarga verso Riva. E' come se fosse la sagola che arriva e tirerà poi con se la gomena d'ormeggio.

Un po' alla volta la direzione cambia per stabilizzarsi da Sud.

L'Ora si installa, con la solita robustezza che l'ha resa famosa nel mondo dei velisti e non solo.

Vivo lì e lavoro lì. Ogni giorno vedo il vento. Quando è intenso e dirompente non lo si apprezza, perché è irruente ed invadente. Ma un vento quando nasce è delicato e timido. E' fatto da una piccola lingua sottile e tremula che si insinua nell'aria ferma. Si attacca alle pareti, all'acqua, poi si divide, sale e svanisce. Ma poi arrivano altre lingue che si sovrappongono. Alcune sono più temerarie e si spingono più avanti delle altre. E' così che guadagnano spazio. E quando sono così tante da formare un fiume si trasformano in vento.

E' questa delicatezza che voglio far vedere.

Per poter farla apprezzare voglio costruire un muro di fumo che alzandosi durante la bonaccia venga trascinato dalle prime lingue e poi dalle altre. Prima vicino alla costa e poi sempre più verso il centro del lago. Fino a stendersi e a mostrare alla vista di tutti il vento che arriva.

Per poterlo fare servono i fumogeni. Quelli in commercio durano tre o quattro minuti. Ho trovato però la ditta che lavora per gli effetti speciali di Cinecittà. O parlato con il Signor Vaini, gli ho spiegato del progetto e della mia necessità di avere tempi lunghi.

All'inizio avrei voluto formare degli arcobaleni ma il fumo ha un peso diverso per ogni colore ed in più i colori sono tossici. Abbiamo raggiunto il convincimento che il fumo bianco sia il migliore. Leggero, assolutamente atossico e facile da gestire.

Molto gentilmente mi ha mandato un preventivo (vedi allegato).

Per poter sorreggere i fumogeni in mezzo al lago servono dei galleggianti. L'ideale è utilizzare dei mezzi fusti da 100 litri, zavorrati con qualche badilata di ghiaia per stabilizzarli e per poterci impiantare i fumogeni. Legati insieme a cinque metri di distanza l'uno dall'altro possono essere il basamento per il muro. L'operazione di preparazione può essere fatta nel porticciolo del Circolo Vela Torbole per il quale lavoro ed il cui direttivo mi ha già concesso carta bianca per l'utilizzo di spazi e mezzi.

Creata questa fila di cento mezzi bidoni la si raggruppa in isola e si trascina la sera al calar dell'Ora fino nella baia di Valmarza. Li vicino al cippo che segna il confine tra Italia ed Austria (vedi allegati) c'è un anello al quale può essere ormeggiato il primo capo della fila il modo da avere i primi fumogeni proprio sullo spigolo da cui parte l'Ora. Valmarza, si vede anche dalla Gardesana, è una baia quasi tonda protetta dalle onde di Vento e Ora. L'isola di fumogeni può rimanere li ormeggiata fino al mezzogiorno del giorno seguente.

Al mattino, quando il Vento cala si scioglie l'isola e si comincia a stendere la fila.

Ogni cinquanta metri la fila verrà legata ad un ormeggio preparato allo scopo.

L'ormeggio è realizzato come d'uso per quelli delle boe di regata. Due grossi mattoni di cemento che fanno da corpo morto calati sul fondo con una cima biodegradabile e segnati da un gavitello.

Una volta ormeggiata questa linea di cinquecento metri (cento fumogeni uno ogni cinque metri) basterà schiacciare un tasto e l'accensione elettronica farà partire i fumi in contemporanea. Le colonne più vicine a riva si inclineranno per prime e via via anche quelle verso il centro lago. Poi il fumo si stenderà sulla superficie dell'acqua.

Finito il fumo i gommoni appoggio ritireranno la linea di bidoni per metterli a riparo nella baietta per riprenderli di nuovo al calar dell'Ora.

La scelta della locazione in Valmarza non è accidentale. Oltre alla convenienza naturale, oltre ad essere uno dei punti dove nasce l'Ora qui si divideva l'Italia dall'Austria, qui c'era un muro che non esiste.

Dalla strada Gardesana che costeggia il lago questo punto non è raggiungibile ma è facilmente visibile sia a nord che a sud. La strada è dritta e se ci fossero dei curiosi qui avrebbero comodità nel vedere quel che succede.

Questo punto è inoltre ben visibile da tutto il Baldo e che lo sovrasta e da Pregasina, sulle montagne di fronte.

E' un punto facile da fotografare da tanti punti di vista. E questa saràò la testimonianza di quanto è successo. Le immagini che si raccoglieranno potranno essere scattate da tutti. I comuni interessati potranno organizzare un concorso fotografico con un premio. Dall'intensità di questo premio dipenderà il livello della partecipazione ma sicuramente le immagini vincitrici rimarranno a memoria dell'evento ma anche di proprietà della municipalità che ne potrà fare l'uso più idoneo.

Così come una lettura ambientale questo esperimento potrà essere lo stimolo per realizzare un filmato, non solo sul lato artistico e umano ma soprattutto sul lato aerodinamico e meteorologico dell'avvenimento coinvolgendo l'ufficio meteorologico provinciale. Sarà comunque la testimonianza della nascita di un vento.

Se inserito tra le manifestazioni culturali sul lago, uno spettacolo così insolito potrà essere considerato un avvenimento al pari di concerti o fiabe, al di la dei suoi significati più reconditi e può quindi essere un appuntamento di mondanità al centro del lago. Se pubblicizzato nella dovuta maniera si potranno portare turisti ed abitanti a vivere una particolare avventura in barca o in battello per dare a tutti un po’ più di coscienza su tutto ciò che quotidianamente ci coinvolge ma che solo pochi possono dire di conoscere.

Sicuramente ora mi sfuggono altri coinvolgimenti a cui ho magari pensato ma che non ho cristallizzato. Quello che vorrei fare e come credo sia abbastanza chiaro. Sono ben disposto a fornire altri chiarimenti.

La mia richiesta di collaborazione riguarda dunque il finanziamento dell'operazione, da valutare intorno alla settantina di milioni di lire (dei quali 30 per l'acquisto dei fumogeni, 5 per l'acquisto di materiali quali cime, bidoni, sabbia etc., 5 per rimborsi vari ad aiutanti, ai circoli che presteranno i mezzi etc, 20 per la realizzazione di un filmato, 10 per la realizzazione di fotografie ed i restanti 10 per la pubblicazione di pubblicità introduttiva e di un piccolo catalogo a posteriori.

Finanziamento che potrà venire dall'ente patrocinatore o da un consorzio di assessorati provinciali ( Promozione turistica, Cultura e Spettacolo per esempio).

Ma più che altro servirà una ufficializzazione dell'avvenimento da parte di un organismo ufficiale che giustifichi richieste di aiuto, di finanziamento e di sostegno da parte di quegli enti che dovranno venir coinvolti.

Mi riferisco per esempio a Navigarda che dovrà, in quei giorni, passare al largo della zona di operazione e forse mettere a disposizione qualche battello per la visione dall'acqua. Alle forze dell'ordine che dovranno permettere l'utilizzo di vari natanti a sostegno delle varie operazioni di montaggio e smontaggio, nonché la sorveglianza della gardesana affinché il traffico venga rallentato e venga permesso il parcheggio durante l'ora di esecuzione dell'evento.

Bisognerà che l'ente partocinatore sostenga la richiesta ad uno degli assessorati o meglio all'Azienda di Promozione Turistica di istituire un premio fotografico che permetta di raccogliere immagini e che metta in mostra (protraendo la durata dell'evento e facendone da eco) quanto avvenuto in quell'occasione.

Sarà inoltre importante che sulle pagine culturali dei quotidiani locali appaiano articoli introduttivi sulla land art e sul progetto in modo che si risvegli l'interesse su questa operazione ed in modo che le cronache locali suscitino quella curiosità e voglia partecipativa che potranno rendere popolare un avvenimento che in realtà è solo un invito ad osservare, a prendere parte alla meraviglia del quotidiano.

Nella speranza di poter vedere un giorno materializzarsi questa mia visione affido alla Vostra esperienza e sensibilità una richiesta di aiuto che spero non si dissolva come un peto nel vento.

A disposizione per ogni eventuale richiesta o chiarimento Vi prego di gradire i miei più sinceri saluti.

Statua sinestetica

Già realizzata in piccolo in occasione della mostra realizzata al Dars di Milano, la statua sinestetica è un espediente per coinvolgere tutti i sensi in una operazione artistica. Un opera completamente commestibile viene preparata in modo da stimolare occhi, naso, polpastrelli, orecchi e gusto. Una volta completata l'operazione l'opera viene distrutta e distribuita a gli astanti che se la possono mangiare.

Su un alberello di ferro, nel caso di Milano, furono sistemati dei bei piedi di insalata riccia, dal cuore tenero e chiaro. Se ne ottenne una bella chioma vaporosa che venne decorata con pomodorini e fragole, a mo' di frutti.

Venne poi colato del cioccolato fuso su tutto in modo che insalata pomodori e fragole ne fossero abbondantemente cosparsi. Una volta rappresa la cioccolata i pezzi delle fronde variopinte furono distribuiti al pubblico che compiaciuto e scettico assaggiò l'opera in pezzi.

Il progetto ha la finalità di distribuire l'arte a tutti mostrando come sia un nutrimento e come tale debba essere pensata, preparata, distribuita, mangiata e digerita. La valenza estetica sulla futilità dell'arte potrà anche essere sottolineata con opere in gelato o in combustibile.


Internet (salotto multimediale o rete di altalene)

Già realizzata in occasione della mostra presso l'Arsenale di Verona del 2000,

l'installazione è stata costruita in dimensioni ridotte per permettere di essere esposta all'interno di una sala.

Si tratta di alcuni robusti montanti che sorreggono una rete di corde. Appese tante semplici altalene fatte di corda e una tavoletta di legno. Lo scopo è quello di far giocare i passanti facendoli sistemare sulle altalene. Ognuno che si siede sulla tavoletta e dondola. A causa della elasticità delle rete mette in movimento anche le altre altalene tanto che oltre a dondolare, molti saltellano per influenzare il dondolio degli altri. Se ne ottiene un gioco che stimola l'ilarità e la comunicazione tra i partecipanti. La rete connette, le altalene sono il salotto multimediale in cui fisico, parole e pensieri influenzano e sono influenzati.


Vento in Vista (muro di fumo)

Il lago di Garda, come altri, possiede due brezze termiche dominanti. Una da Nord (il Vento) e una da Sud (l'Ora). Al mattino le montagne fredde fanno cadere aria fresca sul lago, al pomeriggio l'aria calda dal lago va verso le montagne a Nord.

Sta di fatto che verso il mezzogiorno, prima di invertire il senso del movimento le brezze si fermano.

Se in quel momento di stasi, grazie ad un sostanzioso numero di fumogeni messi in fila sulla superficie del lago, si costruisse un muro di fumo, si otterrebbe di vedere la brezza nascente piegare il muro. All'inizio verso costa, debolmente, poi sempre più intensamente verso il centro lago fino al vedere il vento che spazza via il muro di fumo.

Un esperimento che oltre al lato estetico ha una valenza scientifica. E una storica se il muro venisse sistemato sul vecchio confine tra Austria ed Italia.


Sforzo inutile

In un mondo di macchine che hanno sostituito il lavoro fisico umano, l'unica fatica giustificata è quella finalizzata alla prestazione sportiva.

Propongo quindi di costruire un canapo di proporzioni inusualmente robuste da utilizzare per un tiro alla fune tra due gruppi di centinaia di partecipanti.

La mancanza di una regola ferrea e la partecipazione casuale a uno o l'altro gruppo sarà la differenza con l'atto sportivo mentre la partecipazione allo sforzo umano (già il sollevare il canapo) sarà l'opera.


Altalena Ventaglio

Già proposta come statua di abbellimento per ospedali o edifici pubblici (e sempre scartata) l'Altalena Ventaglio ha la funzione di far muovere genitori, bambini, ed idee.

Si piantino due robusti pali alti 5 metri, paralleli e distanti 50 cm uno dall'altro. All'altezza di 80 cm si inserisca un perno che sorregge una trave orizzontale. Avremo ottenuto una altalena a bilanciere. Si costruisca ora un ventaglio doppio simile a un papillon lungo sei metri e largo tre. Si fissi ora il centro del ventaglio con un perno, all'altezza di 4 metri, in modo che le due ali siano parallele al bilanciere e lo sovrastino come una tettoia. Con due bracci si colleghi ora il bilanciere con il ventaglio. Otterremo che muovendo l'uno si azionerà anche l'altro. Sistemata in pubblico l'opera sarà anche un gioco. Un gioco di bimbi accompagnati dai genitori che muovendo l'altalena muoveranno il ventaglio, faranno circolare urla, divertimento e domande: a che serve?